Per quello che mi date faccio quello che mi dite, le idee si pagano a parte...




venerdì 25 maggio 2012

Sicurezza?! No grazie...

Il tema della Sicurezza nei luoghi di lavoro e nei cantieri temporanei è certamente tra i più attuali dell'ultimo ventennio. Si partì a metà degli anni '90 con i (leggendari) Decreti Legislativi 494/96 e 626/94 che hanno rappresentato un fondamentale spartiacque col passato introducendo nozioni e stabilendo regole sino ad allora praticamente estranee al mondo del lavoro.
Ma la svolta fondamentale per noi professionisti fu l'introduzione dell'obbligo di nomina di un Responsabile e/o Coordinatore per la Sicurezza per i cantieri temporanei. In realtà l'obbligo non vale proprio per tutti i cantieri: le ristrutturazioni d'interni (la classica manutenzione straordinaria di un appartamento di media grandezza per intenderci) sono di fatto (anche se non teoricamente) esonerate da tale obbligo e questa figura, spina nel fianco per le imprese e costo aggiuntivo (e non sempre accettato) del Committente non compare praticamente mai.
Per tutti gli altri cantieri invece l'obbligo scatta sempre (o quasi) e per questo, a ridosso dei famigerati decreti sopra richiamati, all'epoca di entrata in vigore dei decreti prolificarono i corsi (da 120 ore) aperti ai professionisti per abilitarsi a svolgere tale incarico.
Naturalmente in moltissimi - e tra questi anche io - "corsero" ad abilitarsi ascoltando per un lunghissimo numero di lezioni magistrati, avvocati, ingegneri, tecnici e ispettori dei vigili del fuoco che si impegnavano onorevolmente nell'intento di trasmetterci le nozioni e le nuove regole dettate dai decreti (sempre i famosi di cui sopra) ma soprattutto per fissare nelle nostre menti il nuovo status che il cantiere avrebbe dovuto assumere, ovvero regno di puntualità e intransigenza, di ordine e di rispetto delle regole.
Insomma via il cappellino di carta di giornale tanto caro ai pittori e le vecchie scarpe da ginnastica usate dagli operai; via il bicchierozzo di vino dopo pranzo, via l'abbigliamento dismesso che le mogli riciclavano come abiti di lavoro. Tutto ciò avrebbe fatto posto ai famosi D.P.I. (elmetti a norma, tute da lavoro, scarpe da lavoro, cinture di sicurezza, guanti e occhialini) che l'azienda è obbligata a fornire (e a far usare!) ai propri dipendenti. E soprattutto doveva scomparire tutto ciò che era stato l'ambiente cantiere sino ad allora, partendo dagli anni del dopoguerra dove si reclutava personale la mattina fuori dai cancelli scegliendo tra chi aveva più figli (e più fame!) o degli anni '60 e '70, quelli del boom edilizio dove nelle città prolificavano palazzi come fossero funghi e vigevano le regole del fare "presto e subito", o degli anni '80 con l'espandersi delle periferie e con calamità naturali (vedi terremoto dell'Irpinia del 1980) che furono colte come occasione di business da parte di tante imprese improvvisate.
Insomma tutto questo era di colpo cancellato dai decreti (sempre quelli) che provavano a rispondere tout court ai troppi incidenti, infortuni e anche decessi che si succedevano in maniera impressionante nei cantieri.
Alla fine del corso ebbi la netta sensazione che attraverso la creazione di questa figura le istituzioni di fatto intendevano passare la "patata bollente" a noi tecnici: come a dire "noi la legge l'abbiamo fatta, ora tocca a voi farla rispettare"...E col senno di poi credo di non essermi sbagliato affatto!
Sicuro di non essere smentito e volendo naturalmente generalizzare posso dire che ancora oggi, dopo anni di frequentazione dei cantieri, la mentalità retrograda della classe operaia è ancora tenacemente impregnata in tali ambienti, nonostante l'informazione (scarsa) e la formazione (obbligatoria) che le imprese si impegnano a garantire ai propri dipendenti. E nonostante figure come il Responsabile per la Sicurezza si facciano in quattro per garantire il rispetto delle regole. Insomma nonostante tutto questo lavoro, gli aggiornamenti normativi (su tutti il Testo Unico per la Sicurezza D.lgs. 81/08) nonostante il tanto tempo passato, oggi in cantiere vige ancora la regola del "mò-mmò" ovvero ciò che risponde l'operaio sorpreso ora senza il casco, ora senza i guanti per comunicarti che "...Me lo sono appena tolto, ma sta qui vicino a me!". Frase a cui mi viene sempre di rispondere (e qualche volta confesso di averlo fatto rilevando un'espressione compiaciuta di chi mi era di fronte): "Bravo conservali i guanti, non li indossare che si potrebbero rovinare!".
Infine vi lascio con un aneddoto (vero) che racconta più di ogni parola ciò che qualche volta può essere un cantiere oggi:
Lavori in facciata di un fabbricato, ponteggio montato. Controllo dei vigili che ordinano al geometra di far scendere tutti gli operai dal ponteggio. Domande di rito: "Perché non indossi il casco?", "Dove sono i guanti", "Da quanto tempo lavori per questa ditta?" con solite espressioni svagate e insieme imbarazzate degli operai. All'improvviso ci raggiunge un operaio che aveva ritardato a scendere ed il pubblico ufficiale già irritato dalla situazione comincia a inveire contro il malcapitato chiedendo ancora una volta perché non indossasse il casco...perché, perché? Il tizio spaventato guarda prima il geometra e poi il vigile e afferma: "Ma io stamattina al lavoro sono venuto con l'autobus!"

martedì 15 maggio 2012

Ore 9,30 di un mattino qualunque.
Arrivo in cantiere (orario di "signore", orario di "architetto".....), gli operai sono già al lavoro da un paio d'ore.
Ci sono facce nuove, operai diversi. Buongiorno.
Buongiorno. Prego!
Sono l'architetto...
Ma chi? Voi? Ah....Ma siete architetto laureato...?! Così giovane..? (In effetti me li porto bene i miei 37 anni).
Si...non mi risulta ci siano altri tipi di architetto. Comunque....
Comunque geometra, vi volevo dire...
Sono architetto, ma fa niente, se preferite...
Ah, no. Scusate. Comunque vi ho chiamato "geometra"...che è pure più importante!
Si, certo. Ma veniamo a noi, che state facendo stamattina?!
....
..

Questo è un siparietto "classico" che si consuma nei miei cantieri almeno due o tre volte all'anno...

E si perché nonostante gli anni '60, '70 e '80 - quelli del boom edilizio e del superdominio dei geometri d'impresa - siano passati da un pezzo,
nonostante il fatto che oggi in Italia ci siano più architetti (e ingegneri) che automobili,
nonostante tutto ciò, nella forma mentis della classe operaia edile - e spesso anche della committenza - il "dominio" della figura del geometra è sempre evidente, al punto da porlo in cima alla scala gerarchica dei tecnici edili.
Per questo motivo, essere chiamati  "geometra" in cantiere non ha più un sapore offensivo, un gusto denigratorio, un effetto ridimensionante - come molto ingenuamente mi capitava di  provare agli esordi lavorativi - ma è quasi motivo di orgoglio, perché esprime la stima (grande) che l'operaio ha nei tuoi confronti....

E fanculo la laurea, gli anni buttati sui libri, le tasse pagate!
Il vero rispetto si guadagna sul campo in questo lavoro, ovvero in cantiere, e se l'effetto positivo è la conquista del titolo honoris causa di GEOMETRA, ben venga pure questo!

Scherzi a parte (ma neanche tanto), il problema a mio avviso è tutto qui: è una questione culturale (come dicono i soliti sapientoni...).
Si perché in un Paese come il nostro che trabocca di siti archeologici, manufatti architettonici e beni paesaggistici tutelati dall'UNESCO, i nostri (tanti) architetti dovrebbero lavorare (tutti) come pazzi ed i cari colleghi geometri (e chiedo scusa per i "colleghi"...) tornare a fare ciò per cui sono nati: catasto, rilievi topografici, pratiche amministrative, etc.

Pane al pane, vino al vino....e al bando i bigliettini da visita - come mi è capitato - con su scritto:

                               Mario Rossi
                               geometra
                            pratiche catastali e progettazione d'interni